“Felicità è trovarsi con la natura: vederla, parlarle”
Così diceva Tolstoj e non potrei dargli torto perché descrive perfettamente quello che provo durante le mie escursioni naturalistiche, fotocamera alla mano.
Probabilmente anche tu sei d’accordo, soprattutto se sei un mio connazionale e conosci le eccellenze naturalistiche che popolano l’Italia dei parchi, delle riserve e delle oasi.
Da nord a sud il nostro paese ci offre innumerevoli occasioni di contatto con l’ambiente e vanta un patrimonio di biodiversità e ricchezza paesaggistica tra i più significativi in Europa.
È forse per questo motivo che la fotografia naturalistica ha registrato in Italia un vero e proprio boom, continuando a richiamare ogni anno l’interesse di migliaia di nuovi appassionati.
Potresti ragionevolmente resistere, infatti, alla tentazione di immortalare le farfalle in visita nel tuo giardino (quasi duecento le specie endemiche in Italia) o di ritrarre i maestosi paesaggi montuosi a un passo da casa tua?
Sono foto di puro successo, che incontrano sempre il plauso e l’apprezzamento di amici e parenti. Potremmo forse dire che, fotografando la natura, si vince facile.
L’intento del fotografo è, quindi, in questi casi sicuramente quello di emozionare con immagini spesso evocative di bellezza, serenità, purezza.
Ma è tutta qui l’anima della fotografia naturalistica?
Nelle righe che seguono proverò a rispondere a questa domanda.
Se l’argomento t’incuriosisce e stai pensando di avvicinarti a questo genere fotografico, continua a leggere: imparerai che la fotografia naturalistica non è solo bella, ma ha anche molto da dire.
Ma soprattutto capirai che per fotografare la natura è necessario conoscerla e portarle rispetto osservando alcune norme di buon comportamento.
Fotografia naturalistica: etica e vocazione
Prima di tutto, esiste una differenza sostanziale tra essere “fotografi di soggetti naturalistici” ed essere “fotografi naturalisti”. Questa differenza non è data dal vantare un’attrezzatura professionale e costosa e nemmeno dal potere esibire con orgoglio le proprie pubblicazioni sul National Geographic o altre riviste specializzate.
Questa differenza appartiene piuttosto al campo dello spirito con cui si fotografa la natura.
Il fotografo naturalista è, infatti, caratterizzato da un’etica del tutto particolare che influenza il suo comportamento e le sue scelte. Se partiamo dal presupposto che si fotografa ciò che si ama, viene da sé che l’atteggiamento di un fotografo naturalista è sempre improntato a un totale rispetto della fauna, della flora o del paesaggio.
Questo rispetto deve spingersi fino al punto di sconsigliare al fotografo di scattare una fotografia, se in qualunque modo la sua realizzazione comporta un disturbo, anche minimo, per i soggetti al di là dell’obiettivo. In caso contrario il fotografo naturalista fallisce la sua missione e non può nemmeno essere definito tale.
Ho parlato di “missione”, perché, in effetti, chi si appassiona a questo genere fotografico è spesso spinto dal desiderio di sensibilizzare gli altri sull’importanza del rispetto per l’ambiente. La fotografia naturalistica, in breve, ha una vocazione divulgativa: attraverso le immagini si cerca di responsabilizzare e invitare a una più profonda coscienza ecologica.
Un messaggio così importante non è veicolato necessariamente da foto complesse o di difficile realizzazione ma è invece alla portata di tutti: ognuno di noi può essere “sentinella” sul proprio territorio e arricchire il patrimonio di documentazione fotografica delle specie animali e vegetali o dei fenomeni naturali che riguardano l’ambiente più prossimo.
Non ci si ferma quindi a produrre foto belle, ma anche utili.
Se vuoi avvicinarti a questo genere fotografico devi però conoscere profondamente le specie animali che desideri catturare con la fotocamera.
Informati, studia i loro comportamenti e le loro abitudini. Così facendo otterrai un doppio vantaggio.
Da un lato, saprai sempre dove trovare il soggetto ricercato (e in quale periodo dell’anno); saprai comprendere le sue mosse, anticiparle, reagire di conseguenza. Dall’altro lato capirai quali sono le tecniche di appostamento e avvicinamento che non arrecano disturbo all’animale e potrai così ottenere un’immagine di pura libertà, prodotta nel reale rispetto della natura.
Il codice etico per la documentazione video fotografica naturalistica
Pensi che il discorso si stia facendo troppo complesso e sia al di fuori delle tue possibilità? In realtà non è così, perché durante le tue uscite fotografiche l’uso del buon senso è spesso più che sufficiente per non arrecare alcun danno all’ambiente.
Purtroppo, a conti fatti, non tutti dimostrano di possederlo e il dilettantismo dilagante rischia di aggravare situazioni ormai critiche: equilibri territoriali già compromessi dell’eccessiva antropizzazione e da un costante infischiarsene di regole e divieti.
Per questo motivo l’associazione naturalistica Studium Naturae, fondata nel 2012 da Umberto La Sorda e Chiara Schettini, ha prodotto un documento contenente alcuni suggerimenti utili, rivolti sia a un pubblico di neofiti appena approdati al genere fotografico, sia alle istituzioni e a tutti coloro che si occupano di divulgazione scientifica.
Si tratta del “Codice etico per la documentazione video fotografica naturalistica“.
Anche se è consigliabile la lettura integrale del testo, posso estrapolarne qualche passo:
- non usare mai cibo o altri attrattivi per avvicinare le specie selvatiche,
- se desideri riprendere gli animali nel loro ambiente naturale, usa delle coperture mimetiche,
- evita profumi forti, rumori molesti, movimenti improvvisi, inutile vociare,
- non disturbare gli animali in letargo,
- se ti fai accompagnare da un amico a quattro zampe, tienilo sempre al guinzaglio (la legge vieta l’ingresso dei cani nei parchi se in libertà, perché possono arrecare disturbo alla fauna),
- la fotografia dei nidi deve essere evitata (in alcune regioni è, comunque, del tutto vietata a prescindere),
- l’allestimento di set-up fotografici è permesso solo nella misura in cui non alteri né l’ambiente circostante né le abitudini di vita dell’animale ritratto,
- gli animali a sangue freddo e gli invertebrati non devono essere manipolati e spostati dal punto in cui si trovano,
- non inseguire mai un animale,
- se un animale appare turbato allontanati immediatamente e cerca comunque di usare strumenti in grado di mantenere le distanze, come per esempio obiettivi a focale più lunga.
Cosa non è la fotografia naturalistica?
Certe volte può essere più facile definire qualcosa partendo da ciò che non è piuttosto che da ciò che è.
Dopo avere indicato a grandi linee quelli che io giudico i tratti veramente distintivi di questo genere fotografico, voglio dirti ora cosa non può considerarsi davvero fotografia naturalistica.
A rischio quindi di sembrare troppo restrittiva, ritengo che non possa considerarsi fotografia naturalistica in senso stretto:
- la foto di animali domestici (appartiene più al genere della pet photography),
- la foto di fiori e piante coltivate in vaso,
- la foto in cui l’animale non si trova in stato di libertà.
Quest’ultimo punto introduce una questione spinosa e assai dibattuta.
La fotografia di animali in ambiente controllato
L’ambiente controllato è qualunque ambiente in cui gli animali non si trovano in uno stato di libertà ma piuttosto vivono all’interno di recinti e sono addirittura spesso alimentati e accuditi dall’uomo. In Italia esistono, per esempio, molti parchi faunistici e botanici, sorti in alcuni casi a corollario di progetti reintegrativi delle specie in pericolo.
Le visite ai parchi faunistici aumentano le probabilità d’incontro con l’animale selvatico e sono un ottimo campo di prova per il fotografo naturalista alle prime armi: non tutti possono permettersi lunghi percorsi a piedi sulle Alpi, aggravati magari dal peso dell’attrezzatura fotografica!
Se la fotografia in questi ambienti può, in certi casi, permettere di immortalare comportamenti e situazioni difficilmente fotografabili allo stato selvatico, per le ovvie difficoltà logistiche e di ripresa, si deve però escludere del tutto che la foto scattata allo zoo abbia un qualche valore istruttivo.
Nel 2012 il prestigioso concorso fotografico National Geographic Italia incoronò vincitrice assoluta la foto di un gaviale, ripreso allo zoo di Praga. La notizia suscitò una vera e propria sollevazione popolare tra tutti i fotografi naturalisti, indignati da una scelta della giuria che giudicarono del tutto lontana dallo spirito del genere fotografico.
Persino Stefano Unterthiner, ambasciatore della fotografia naturalistica italiana nel mondo, che era stato chiamato in un primo momento a far parte della giuria tecnica (ma che poi non poté presenziare e dovette delegare il suo voto), decise di girare pubblicamente le spalle alla redazione del giornale, dichiarandosi estraneo a una scelta che non condivideva.
Una presa di posizione che io ho ritenuto coraggiosa, ma anche coerente e in linea con la mission dei fotografi naturalisti che usano (o dovrebbero usare) la fotografia come mezzo di diffusione di una cultura ambientalista.
In uno zoo farai certamente belle foto, avvantaggiato dalla vicinanza con gli animali, ma cosa comunicherai con immagini di questo tipo? E che contributo puoi dare alla documentazione scientifica fotografando animali il cui comportamento naturale è ovviamente deviato dalla prigionia?
Questo aneddoto la dice lunga su cosa sia giusto considerare fotografia naturalistica e cosa no.
Al contrario, la foto dell’animale in cattività, eseguita a scopo di denuncia di una sua condizione di sofferenza, è probabilmente l’immagine naturalistica con il più alto valore etico.
Ne è un esempio perfetto la fotografia vincitrice della categoria “Il mondo nelle nostre mani” al Wildlife Photographer of the Year 2014: mostra un cucciolo di fennec al guinzaglio, trattenuto da un ragazzo tunisino che lo ha strappato alla madre per rivenderlo come animale da compagnia. L’autore dello scatto è il nostro conterraneo Bruno D’Amicis.
Questo genere di reportage è in grado di raggiungere molte persone, grazie a una sensibilità sempre crescente nel pubblico verso i soprusi subiti dagli animali e ha serie potenzialità di cambiare davvero le cose.
Conclusione
Come avrai intuito da quanto ho detto fin qui, io penso che il fotografo naturalista debba essere un naturalista prima che un fotografo, un ambientalista prima di un tecnico. In ogni caso è una persona che rispetta la natura.
Se desideri avvicinarti a questo genere fotografico, comportati responsabilmente.
In rete sono ormai moltissimi i siti specializzati nell’argomento dai quali trarre tutte le informazioni necessarie, mentre il riferimento per la fotografia professionale è rappresentato dall’AFNI (Associazione Fotografi Naturalisti Italiani), nata a Milano nel 1989, con sedi operative regionali sparse su tutto il territorio nazionale.
Sei anche tu un appassionato di fotografia naturalistica? Cosa pensi di questo codice etico? Faccelo sapere con un commento qui sotto.