11 lezioni da Henri Cartier-Bresson sulla fotografia

11 lezioni da Henri Cartier-Bresson sulla fotografia

Henri Cartier Bresson lezioni di fotografia

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Se dico “scultura” a chi pensi? Molto probabilmente a Michelangelo. Se dico “pittura” forse penserai a Caravaggio o a Van Gogh. “Musica” ti farà pensare immediatamente a Mozart o a Beethoven. E se dico “fotografia”?

Se parliamo di fotografia, possiamo affermare con pochi dubbi che ti verrà in mente Henri Cartier-Bresson. Certo, se ne potrà discutere all’infinito e ci sarà sempre chi preferirà un fotografo ad un altro. Ma Cartier Bresson è universalmente riconosciuto come “il fotografo” per eccellenza.

Henri Cartier-Bresson nasce in Francia, nei pressi di Parigi, nel 1908 e inizialmente si dedica alla pittura, poi al cinema. In principio si interessa poco alla fotografia e quel poco è solo funzionale alla sua attività di pittore e aiuto regista (lavorerà nella realizzazione di tre film con Jean Renoir).

L’amore vero per la fotografia, quello che lo fa innamorare del desiderio di riprendere fedelmente la realtà, esplode in un momento ben preciso, esattamente nel 1931.

L’immagine qui sopra non è una fotografia di Cartier-Bresson, ma di Martin Munkacsi, un fotografo ungherese molto in voga negli anni ’30. E’ proprio questa immagine che fa scattare in Henri la passione per la fotografia “E’ stata quella foto a dar fuoco alle polveri, a farmi venir voglia di guardare la realtà attraverso l’obiettivo”.

L’obiettivo sarà precisamente un 50 mm. Accoppiato ad una Leica 35 mm, sarà l’equipaggiamento preferito per quasi tutta la sua vita. “Ho scoperto la Leica; è diventata il prolungamento del mio occhio e non mi lascia più”.

Armato della sua nuova passione e della sua macchina fotografica, Henri Cartier-Bresson inizia a girare il mondo, inizialmente arruolandosi nella resistenza francese durante la Seconda Guerra Mondiale. “L’avventuriero che è in me si sente obbligato a testimoniare le cicatrici di questo mondo con uno strumento più rapido del pennello”.

Finita la guerra e con in tasca innumerevoli scatti che illustrano il conflitto, torna in Francia e si trasferisce negli Stati Uniti dove, insieme a Robert Capa, George Rodger, David Seymour e William Vandivert fonda l’agenzia Magnum, che da lì a breve diventerà la più famosa e potente agenzia fotografica del mondo.

Cartier-Bresson vivrà 96 anni (si spegnerà in Francia nel 2004) e, con i suoi scatti e il suo stile inconfondibile, segnerà indelebilmente la storia della fotografia. Colui che oggi viene definito “l’occhio del secolo” può essere considerato come il pioniere del fotogiornalismo.

Riguardando i suoi scatti unici e rileggendo le sue parole, in questo articolo proveremo a capire quale filosofia ha animato la sua fotografia e quali insegnamenti è possibile trarne.

1. Cerca la semplicità

Henri Cartier-Bresson è divenuto famoso per i suoi scatti realizzati nei “momenti decisivi”, grazie alla sua Leica. “Non ho mai abbondato la Leica, qualunque altro tentativo mi ha sempre fatto tornare da lei. Per me è LA macchina fotografica”.

Ma cosa aveva di così speciale questa macchina fotografica? Ai tempi della sua uscita, in un certo senso Leica rivoluzionò il mondo della fotografia.

Molto più leggera e meno ingombrante delle macchine a medio formato, la sua maneggevolezza la contraddistingueva decisamente dalle macchine professionali del tempo. Anche per questo motivo, venne inizialmente bistrattata dai professionisti (un po’ come succede con le mirrorless di oggi, forse…).

Ad essa, Henri amava accoppiare un 50 mm e praticamente non utilizzava altri obiettivi, probabilmente per rendere il risultato dello scatto quanto più vicino possibile alla visione dell’occhio umano. “È attraverso un’economia di mezzi e l’abnegazione di sé che si raggiunge la semplicità espressiva”.

Insegnamento

Negli ultimi 10 anni il mondo della fotografia ha fatto passi da gigante e, di conseguenza, l’offerta tecnologica si è moltiplicata a livelli impressionanti. Esistono macchine per tutti i gusti, con innumerevoli funzioni, compresi gps e wifi e, parallelamente, sono stati fabbricati obiettivi utili a soddisfare le esigenze di queste macchine.

Il risultato è che abbiamo macchine fotografiche appesantite da orpelli che probabilmente non useremo mai. Abbiamo quasi un obiettivo per ogni lunghezza focale. Ci ritroviamo con zaini pesanti e zeppi di accessori. Questo può condizionare notevolmente la tua fotografia, specialmente se parliamo di street photography e reportage.

Un buon esercizio può essere quello di uscire a fotografare con un unico obiettivo fisso, in modo da avere più libertà nei movimenti.

Inoltre, scattare fotografie utilizzando un solo obiettivo fisso per le tue sessioni, ti permetterà di avere una coerenza fotografica nel progetto che svilupperai. Come suggerisce Bresson, devi ricercare la semplicità espressiva attraverso la semplicità dei mezzi.

2. “Guida” la tua fotocamera

“Il mestiere di reporter si è perfezionato grazie alle macchine piccole e maneggevoli, agli obiettivi molto luminosi e alle pellicole a grana fine molto sensibili realizzate per soddisfare le esigenze del cinema. L’apparecchio per noi è uno strumento, non un giocattolino meccanico.

Per il suo tipo di fotografia, Bresson non poteva concedersi il lusso di perdere istanti preziosi per regolare la sua macchina fotografica. Cogliere l’attimo giusto era fondamentale e l’ottimizzazione dei tempi doveva necessariamente passare attraverso un uso istintivo ma consapevole dello strumento.

Insegnamento

Per un fotografo, sia esso un professionista oppure un semplice appassionato, scattare al momento “giusto” è tutto. Sia che ci si trovi in un conflitto bellico, ad un matrimonio oppure per strada a scattare della street photography, avere la capacità di cogliere IL momento fa la differenza rispetto ad un “normale” fotografo.

Certo, è possibile usare gli automatismi oppure la raffica (nel caso di macchine digitali), ma la fotografia di livello qualitativamente superiore puoi ottenerla soltanto se hai il totale controllo consapevole della macchina.

Bresson paragonava la fotocamera all’automobile. Ricordate le prime volte che ci sedevamo in auto? C’erano un sacco di cose a cui pensare: marce, frizione, freno, acceleratore…

All’inizio ci sembrava impossibile poter gestire tutto in maniera automatica. Poi, con l’esercizio costante e l’esperienza, ogni gesto è diventato naturale e quasi inconsapevole.

Prova a scattare un certo numero di foto tutti i giorni, variando continuamente le impostazioni di tempi, diaframma, iso ed esposizione tra una foto e l’altra.

Le moderne reflex danno addirittura la possibilità di dedicare alcuni tasti a delle funzioni specifiche, che quindi possono risultare immediatamente raggiungibili in un solo gesto.

Una volta trovato il giusto feeling con la tua macchina, attraverso il costante esercizio, sarai in grado di ottimizzare i tempi e di gestire al meglio la tua fotocamera.

3. Studia nel modo giusto

L’approccio di Cartier-Bresson alla fotografia non fu né facile né immediato. Lo zio pittore lo instradò all’arte del disegno e imparò a fotografare passando intere giornate all’interno del museo del Louvre, studiando i grandi pittori e la loro composizione (come la “sezione aurea” di Piero della Francesca e Paolo Uccello), la luce naturale che illuminava i soggetti, l’efficacia di determinate pose.

“La mia grande passione è il tiro fotografico, che è poi un disegno accelerato, fatto di intuizione e di riconoscimento di un ordine plastico, frutto della mia frequentazione dei musei e delle gallerie di pittura, della lettura e della curiosità per il mondo”.

“Mentre si scatta una foto si realizza un quadro” disse, sottolineando quanto proprio la pittura fosse stata per lui fonte di ispirazione.

La sua formazione artistica ebbe la conseguenza di farlo diventare anche profondamente ipercritico verso i suoi scatti: “le prime 10.000 fotografie sono le peggiori” è una frase che sta ad indicare quanto fosse convinto che solo una lunga esperienza potesse migliorarlo.

Insegnamento

Per chi si avvicina al mondo della fotografia, i primi scatti possono essere molto deludenti. I lavori dei grandi fotografi che vediamo su internet, sulle riviste specializzate o sui libri, ci appaiono di una bellezza e una perfezione inarrivabili.

E anche se cerchiamo di “copiarli”, ciò che otteniamo non è minimamente paragonabile alle loro fotografie. Per un fotoamatore alle prime armi, questo può risultare molto frustrante.

Molte volte, il passo successivo è quello di abbandonare il tuo hobby e riporre la fotocamera nel cassetto. Quindi può farti bene sapere che anche per un grande come Henri Cartier-Bresson gli inizi non furono dei migliori. Lui avrebbe addirittura buttato le sue prime 10 mila foto, ma questo non fu sufficiente per farlo desistere (per fortuna!).

Tutto quello che puoi fare è imparare dai tuoi errori. Analizza i lavori altrui, ma non per imitarli. Piuttosto, cerca di capire come sono arrivati ad ottenere quel risultato, che tipo di attrezzatura hanno usato, come avevano impostato la fotocamera (ovvero i dati EXIF).

Ed anche se è passato quasi un secolo dai tempi in cui Bresson visitava il Louvre, quello di studiare la composizione e la luce dei grandi maestri d’arte è un esercizio tuttora validissimo.

4. Usa tutti i tuoi sensi

“E’ un’illusione che le foto si facciano con la macchina. La fotografia è mettere sulla stessa linea di mira la testa, l’occhio e il cuore. È un modo di vivere…”. È probabilmente una delle frasi più conosciute di Henri Cartier-Bresson.

A chi gli chiedeva da dove scaturisse questa sua capacità di cogliere momenti densi di emotività rispondeva: “È necessario sentirsi coinvolti in quello che si ritaglia attraverso il mirino. Fotografare è riconoscere nello stesso istante e in una frazione di secondo un fatto e l’organizzazione rigorosa delle forme percepite visualmente che esprimono e significano quel fatto”.

C’è infine un aneddoto abbastanza divertente che descrive in maniera lampante il suo modo di intendere la fotografia. Pierre Assouline (scrittore e giornalista, divenuto poi biografo del fotografo francese) una volta gli chiese quando era stata l’ultima volta che aveva fotografato.

La risposta fu spiazzante: “Ebbene, ne ho appena fatta una a lei, ma senza macchina… è venuta bene ugualmente… la stanghetta degli occhiali perfettamente parallela alla parte superiore del quadro dietro di lei, è sorprendente”. Bresson “vedeva” costantemente come attraverso un mirino…

Insegnamento

La fotografia non è un semplice scatto effettuato attraverso uno strumento fotografico, ma una vera e propria filosofia di vita. Cartier-Bresson aveva l’innata capacità di calarsi completamente nel contesto che era chiamato a riprendere.

Viveva le emozioni dei suoi soggetti e ne respirava drammi e gioie. Contemporaneamente, aveva sviluppato un tale “occhio fotografico” che anche quando non aveva appresso la fotocamera, “guardava” in termini fotografici. Una sorta di deformazione professionale, ma assolutamente funzionale alla riuscita dei suoi scatti.

Allena il tuo occhio. Un buon esercizio potrebbe essere quello di munirti di una cornice di cartone per provare ad inquadrare ciò che ti sta intorno, cercando di comporre una foto all’interno di essa.

Oppure, se non hai appresso la cornice, può essere sufficiente formare un rettangolo unendo i pollici e gli indici delle tue mani. Sarà come avere un mirino sempre a portata di mano e ti aiuterà a capire quali scene e quali azioni meglio si prestano ad essere fotografate.

5. Stampa le tue fotografie

“La “tecnica” è importante solo se riesci a controllarla al fine di comunicare quello che vedi. La tua personale “tecnica” devi creartela e adattarla all’unico fine di rendere la tua visione evidente sulla pellicola.

Ma solo il risultato conta, e la prova conclusiva è data dalla stampa fotografica”. Cartier-Bresson era un fautore della stampa fotografica, a suo avviso l’unico modo per valutare appieno la bontà di uno scatto.

Insegnamento

Sempre più spesso il nostro “processo fotografico” si conclude con la pubblicazione sul web o sui social network delle foto che noi riteniamo le migliori. Abbiamo immensi hard disk pieni zeppi di foto, che molto probabilmente rimarranno lì e verranno presto dimenticate.

È chiaro che non possiamo stampare tutte le nostre fotografie, visto che le moderne macchine digitali ci permettono di scattarne a centinaia senza costo alcuno, ma per migliorare la nostra tecnica sarebbe buona abitudine scegliere periodicamente quali sono le nostre foto migliori e farne una stampa.

Toccare con mano le tue creazioni aumenterà la tua autostima e ti farà sentire un “fotografo vero”. E, contemporaneamente, ti permetterà anche di valutare i dettagli dei tuoi scatti (e quindi pregi e difetti).

Oppure, se non hai tempo e voglia per stampare le tue fotografie, un altro buon esercizio può essere quello di visitare le mostre dei grandi fotografi.

Guardare foto belle e importanti attraverso un monitor è come ascoltare musica raffinata con delle cuffiette da quattro soldi.

6. Nel dubbio, sii di poche parole

Cartier-Bresson non era mai molto contento quando i suoi redattori aggiungevano testi alle sue immagini: “lasciamo che le foto parlino da sé e non permettiamo che delle persone sedute dietro ad una scrivania aggiungano ciò che non hanno visto.

Le immagini non hanno bisogno di parole, di un testo che le spieghi, sono mute, perché devono parlare al cuore e agli occhi”.

E ancora: “ad una foto stampata si può far dire quello che si vuole. Una volta ho mostrato una foto del Papa a mia madre, che era una donna pia. Mi ha detto che era la mia foto più religiosa. Un mio amico ha affermato l’esatto contrario, che era la più antireligiosa in assoluto.

E allora la stampa illustrata gioca con questa ambiguità delle immagini per manipolare, e in realtà spesso comunica più del giornalismo. Ciò che è terribile sono le didascalie sotto il titolo, che cambiano il senso delle immagini”.

Insegnamento

Personalmente non sono contrario alle didascalie a corredo delle fotografie. Ma, come dice Bresson, è necessario fare molta attenzione ad esse, perché possono essere un’arma potentissima. Se ben studiata, può certamente rafforzare il concetto che noi vogliamo trasmettere attraverso la foto e completarla.

Al contrario, una didascalia approssimativa può essere fuorviante e “indebolire” il nostro concetto. Il mio consiglio è: nel dubbio, lasciate parlare la foto e non appesantitela di inutili orpelli che possono distrarre e ridurre la forza del vostro soggetto. Un’immagine, si sa, vale più di mille parole.

7. Allena l’occhio

“La fotografia non è come la pittura. Vi è una frazione creativa di un secondo quando si scatta una foto. Il tuo occhio deve vedere una composizione o un’espressione che la vita stessa propone, e si deve saper intuire immediatamente quando premi il clic della fotocamera.

Quello è il momento in cui il fotografo è creativo. Oop! Il momento! Una volta che te ne accorgi, è andato via per sempre”.

Insegnamento

Henry Cartier Bresson propone molte volte il parallelismo tra arte e fotografia. La sua formazione artistica, derivante dalla pittura, ha avuto un ruolo fondamentale nella sua fotografia.

La pittura è riflessione, creazione del momento decisivo, contemplazione e, se necessario, correzione. In fotografia tutto questo non puoi farlo. Il mondo da catturare è reale e puoi fare pochissimo per modificarlo. Non puoi fare altro che “cogliere il momento” e catturarlo con un click.

Si, ma come riuscire a cogliere il momento giusto? Non si tratta solo di fortuna. Un ruolo determinante lo riveste l’allenamento. Ma come si allena l’occhio fotografico?

Sull’argomento sono stati scritti centinaia di libri, con i consigli più svariati. Ma un suggerimento è sempre presente in tutti i libri: devi scattare molto.

Solo scattando tantissimo, infatti, puoi abituarti a riconoscere le scene intorno a te e capire quali sono potenzialmente interessanti. Ad un certo punto, scoprirai di riuscire quasi a prevedere ciò che accadrà.
Soprattutto quest’ultima qualità differenzia il fotografo “normale” da quello di livello superiore.

8. Trova la “tua” macchina fotografica

“È sufficiente che un fotografo si senta a suo agio con la sua macchina e che questa sia adatta al lavoro che vuoi fare. Non ho mai abbondato la Leica, qualunque altro tentativo mi ha sempre fatto tornare da lei. Per me è LA macchina fotografica”.

Insegnamento

Quest’affermazione di Cartier Bresson mi fa subito venire in mente alcune discussioni che si sviluppano su social e forum: meglio questa macchina fotografica o quell’altra? Meglio quest’obiettivo e quest’altro ancora?

Ogni volta che mi imbatto in questi post, non posso fare a meno di sorridere. La fotografia è una cosa talmente personale, che trovo incomprensibile come si possa chiedere ad altri che attrezzatura comprare.

Non esiste una competizione tra macchine fotografiche o obiettivi. A parità di valore (o costo), la scelta diventa molto personale ed è sempre figlia del proprio stile fotografico.

Al di là di questo, soprattutto le macchine fotografiche hanno ergonomie molto diverse tra loro. Per ergonomia non intendo solo la forma della macchina, ma anche la disposizione dei vari comandi.

Io, per esempio, con alcuni modelli di fotocamera non riesco proprio a familiarizzare. Altri modelli, invece, già la prima volta che li impugno mi danno la sensazione di utilizzarli da sempre.

Quindi, piuttosto che chiedere consiglio sui social, ti suggerisco prima di tutto di toccare con mano l’attrezzatura che intendi acquistare.

Questo non vuol dire che devi necessariamente comprare da un negozio fisico. Se pensi di risparmiare acquistando online, puoi cercare prima in un negozio quel modello per provarlo.

Ti garantisco che provare fattivamente una fotocamera, può indirizzare nettamente le tue scelte. Molto più di decine di consigli esterni.

D’altra parte, come dice Cartier Bresson, il feeling con la propria macchina è fondamentale. Anzi, probabilmente è l’unica cosa che conta.

9. Diventa sordomuto

“Quando mi interrogano sul ruolo del fotografo ai nostri tempi, sul potere dell’immagine, ecc. non mi va di lanciarmi in spiegazioni, so soltanto che le persone capaci di vedere sono rare quanto quelle capaci di ascoltare. Per guardare bene, bisognerebbe imparare a diventare sordomuti”.

Insegnamento

Se vuoi, questo suggerimento è un’estensione del punto 8. Cartier Bresson, nel confronto tra pittura e fotografia, spiega il concetto di “attimo decisivo”.

Inoltre ti invita ad imparare a guardare. Ottimo suggerimento, ma abbastanza aleatorio. Bisogna anche sviluppare la capacità di ricreare sensazioni.

Quando sei catturato da una scena, vista, udito e olfatto contribuiscono a restituirti un’emozione. Devi però sempre tenere presente che, in una fotografia, tu puoi trasmettere solo le sensazioni visive.

Molte volte pensi di aver scattato foto eccezionali. Poi, una volta arrivato a casa, ti accorgi che l’immagine catturata non ha la stessa potenza dell’immagine vissuta.

Questo è del tutto normale e succede proprio perché la fotografia risulta “impoverita” da tutti gli altri sensi che avevano contribuito ad emozionarti. È un suo limite intrinseco. Non puoi risolverlo, però puoi aggirarlo.

Puoi provare ad includere nello scatto quegli elementi visivi che ti trasmettono le sensazioni che vuoi ricreare. Ad esempio, se vuoi trasmettere la sensazione di caldo, puoi leggermente sovraesporre. Oppure includere nella scena persone sudate. E così via.

Anche questa capacità di “trasmettere le sensazioni” può essere migliorata moltissimo con l’esercizio. Imponiti il compito di scattare foto dove traspare chiaramente una sensazione ben precisa.

Ad esempio puoi importi di scattare una foto dove si percepisce il caldo, una dove si percepisce il freddo, un’altra dove puoi quasi sentire il profumo del mare o dei fiori, ecc. Gli esempi possono essere innumerevoli.

Se ti concentrerai su questo aspetto, col tempo ti accorgerai di aver migliorato la capacità di trasmettere sensazioni attraverso le tue foto.

10. Usa le gambe

“Per me la fotografia di reportage ha bisogno di un occhio, un dito, due gambe”.

Insegnamento

Henry Cartier Bresson è probabilmente uno dei più grandi fotografi della storia. È stato definito in molti modi, ad esempio “l’occhio del secolo”.

Aveva sicuramente la capacità innata (e allenata, come lui stesso insegna) di catturare il momento decisivo.
Occhio del secolo, dito velocissimo ma… anche due gambe per camminare tanto. Nessun grande fotografo di strada, infatti, è diventato tale senza aver percorso chilometri tutti i giorni.

Josef Koudelka, un altro grande fotoreporter della storia, era solito controllare le suole delle scarpe dei suoi colleghi, per capire se avevano camminato a sufficienza. Su questo esiste un curiosissimo aneddoto che puoi leggere in questo articolo: “5 lezioni da Josef Koudelka sulla fotografia”.

Henry Cartier Bresson non era da meno. Quando doveva realizzare un servizio fotografico, aveva l’abitudine di percorrere i luoghi a piedi per giorni, anche per mesi. Senza quella strada percorsa, oggi non avremo tutti quegli scatti iconici che ci ha lasciato.

Oggi sembra che camminare non sia più un requisito necessario. Molte volte ho sentito fotografi di strada dare il suggerimento di aspettare seduti in un punto e attendere che “accada qualcosa”.

Questo approccio può essere sicuramente una variante, ma non può essere l’unica. Quindi mettiti l’anima in pace: se vuoi migliorare come fotografo di strada, quella strada la devi percorrere per davvero.

11. Vai a scuola di sensibilità

“Tutte queste scuole di fotografia non sono una cosa seria. Cosa insegnano? Lei potrebbe insegnarmi a camminare? Le scuole sono una fregatura. Ci sono scuole per qualsiasi cosa, dove si impara di tutto e alla fine non si sa niente, non si sa niente di niente.

Non esiste una scuola per la sensibilità. Non esiste, è impensabile. Ci vuole un certo bagaglio intellettuale”.

Insegnamento

Henry Cartier Bresson forse è un po’ troppo netto sulle scuole di fotografia, ma non c’è da dargli torto. Pensa, inoltre, che il fotografo francese è morto nel 2004. Allora sicuramente non c’era la quantità di offerta didattica esistente oggi. Quindi la situazione è sicuramente “peggiorata”.

Con l’esplosione dei social, la fotografia ha assunto un ruolo sempre più rilevante nella nostra quotidianità. Di pari passo è esplosa la nascita di scuole, corsi e workshop per migliorare la tecnica di scatto.

Personalmente non la vedo una cosa negativa, anzi. È anche vero, però, che frequentare una scuola o un corso non è sufficiente per farti diventare fotografo.

Oggi, invece, c’è la convinzione diffusa che basta imparare la tecnica. Ma se vuoi diventare un fotografo di livello superiore, è necessario innanzitutto sviluppare la “sensibilità fotografica” a cui fa riferimento Cartier Bresson.

Come si sviluppa questa sensibilità? Molti ce l’hanno innata, ma può essere anche migliorata. Innanzitutto è necessario scattare molto, anche se può non bastare.

Durante le tue sessioni fotografiche, immergiti nel contesto. Lascia da parte la macchina fotografica e parla con la gente, ascolta i loro problemi. Annusa gli odori, fatti investire dal vento, osserva attentamente ciò che hai intorno.

La fotografia riuscita è la parte finale di un’emozione vissuta. Più intensamente vivrai le emozioni che ti circondano, più avrai la possibilità di catturarle in uno scatto.

Approfondimenti

Se vuoi addentrarti nella conoscenza del grande fotografo francese, ti consiglio di partire da questi libri:

Un silenzio interiore. I ritratti di Henri Cartier-Bresson. Ediz. illustrata
''Più di tutto, io cerco un silenzio interiore. Cerco di tradurre la personalità e non una sua sola espressione''. Henri Cartier-Bresson (1908-2004) è stato il più grande e innovativo ''realizzatore di immagini'' del ventesimo secolo. La sua fotografia ha fatto scuola e i suoi ritratti sono una parte dell'inestimabile patrimonio che ci ha lasciato.

Henri Cartier-Bresson. Lo sguardo del secolo. Ediz. illustrata
Per il “Re dei fotoreporter” è inevitabile che uscisse un libro con queste caratteristiche.
Non ho avuto la sensazione di leggere un libro, ma di sfogliare il numero di una rivista mensile del settore dedicato interamente a Cartier-Bresson.

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Vedere è tutto. Interviste e conversazioni (1951-1998)
Questo libro riunisce dodici interviste e conversazioni con Henri Cartier-Bresson, realizzate tra il 1951 e il 1998 gran parte delle quali, dopo la loro prima pubblicazione, non sono mai state rieditate. In questi testi incontriamo un uomo appassionato e appassionante, che racconta la sua opera, commenta lo stato del mondo e ripercorre parte del cammino fatto.

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