Oggi volevo toccare un argomento un po’ spinoso del mondo della fotografia: il fotoritocco.
Basta frequentare per poco tempo l’ambiente della fotografia, anche solamente le community on-line, per accorgersi di alcune tematiche sempreverdi che accendono continuamente gli animi: è meglio Canon o Nikon, quale fotocamera reflex comprare, è meglio usare obiettivi zoom o solamente obiettivi a focale fissa, ecc.
Uno degli argomenti più discussi in assoluto è il fotoritocco ed in particolare quanto esso sia lecito e fino a che limite lo si può spingere.
Anche se si tratta di un tema trito e ritrito, con questo articolo voglio condividere la mia opinione a riguardo, frutto della mia sensibilità personale e delle numerose opinioni che ho letto a propostio.
È tutta colpa della fotografia digitale
La questione è diventata veramente spinosa quando la fotografia digitale si è affermata. Infatti, grazie ad essa chiunque possieda un computer ed un programma di fotoritocco, anche gratuito, può intervenire liberamente su ciascuno scatto e modificarlo a piacimento. Inoltre, grazie a questi software le foto possono essere assolutamente stravolte e quindi allontanarsi in maniera estrema da quella che era la scena inquadrata.
Queste “eccessive” potenzialità del fotoritocco hanno sollevato in molti il dubbio sulla sua eticità. Due sono i gruppi di persone che mettono in discussione fotoritocco:
- chi lo avversa completamente,
- chi vorrebbe individuare un limite entro cui il fotoritocco è ammissibile.
Ma cos’è il fotoritocco?
Per dirla tutta, ho notato come il termine fotoritocco sia usato per riassumere molte attività di miglioramento, potenziamento e trasformazione delle foto. Infatti, oltre a questo termine se ne trovano altri con accezioni simili, tra i quali: post-produzione, elaborazione delle foto, miglioramento delle foto, correzione delle foto, regolazione delle foto.
A mio parere, le attività di fotoritocco possono essere raggruppate in due grosse famiglie:
- miglioramenti e correzioni che non alterano il contenuto della foto,
- modifiche al contenuto della foto.
Nella prima famiglia metterei tutte le attività che riguardano la correzione dell’esposizione, del contrasto, della luminosità, dei colori, l’applicazione di filtri e la conversione in bianco e nero. Per esempio, a questo gruppo appartengono tutte le modifiche che si possono fare usando un software come Adobe Lightroom.
Alla seconda famiglia, invece, appartengono le attività come:
- la rimozione degli sfondi,
- l’aggiunta di elementi disegnati o estratti da altre foto,
- la trasformazione delle forme (come accade spesso nelle foto di modelle e personaggi famosi che vengono dimagriti e abbelliti).
Effettivamente, spesso, quando si parla di fotoritocco, si pensa soprattutto alla seconda famiglia, mentre la prima è quella che contiene le azioni eseguite più di frequente, nonché le più utili a rendere professionali e accattivanti le foto.
Il fotoritocco esisteva anche prima
Non avendo mai praticato la fotografia analogica, per me è stato veramente sorprendente scoprire come, in realtà, il fotoritocco fosse all’ordine del giorno anche prima dell’era digitale.
Già quella volta, ad esempio, si potevano effettuare ritagli agendo direttamente sui negativi, ad esempio. Oppure, grazie alla chimica, era possibile elaborare le foto in maniera che il loro aspetto fosse decisamente differente.
Anche molti fotografi analogici si distinguevano proprio per il loro stile ricercato di elaborazione delle foto. Probabilmente già prima dell’avvento del digitale, c’era chi discuteva sull’eticità del fotoritocco. Ora esso è amplificato dall’estrema diffusione e dalle aumentate possibilità della fotografia digitale.
Ma allora cosa c’è di male nel fotoritocco?
Ho notato diversi motivi per cui alcuni sono contrari al fotoritocco:
- c’è chi ritiene che esso renda meno autentica la foto e quindi ne diminuisca il valore,
- c’è chi demonizza il fotoritocco quando costituisce uno strumento per correggere gli errori del fotografo,
- c’è chi vi si oppone istintivamente senza elaborare un pensiero preciso.
Io penso che l’aspetto principale da considerare sia lo scopo, l’uso per cui una foto viene concepita e scattata.
Quando la foto ha lo scopo di documentare un fatto in maniera realistica, ad esempio uno scopo giornalistico, il fotoritocco è assolutamente da evitare e su questo chiunque deve essere d’accordo. Possono essere ammesse correzioni sull’esposizione, sul contrasto, una conversione in bianco e nero, ma non molto di più. Allo stesso modo, il fotoritocco è da evitare quando il committente di una foto lo richiede, ma qui semplicemente il problema non si pone.
In molti casi, però, forse la maggior parte, le foto sono delle produzioni artistiche, espressione del sentire di un fotografo, il mezzo per suscitare un’emozione nell’osservatore della foto. In questo caso, una foto deve essere considerata al pari di un quadro, di una scultura, di un brano musicale. A differenza delle altre arti, la fotografia è svantaggiata dal fatto che parte dalla cattura di una situazione reale, perciò alcuni danno per scontato che la fedeltà alla realtà sia un requisito irrinunciabile.
Al contrario, ritengo che la libertà di un fotografo nell’alterare una foto intesa come opera d’arte sia assoluta. Qualsiasi modifica all’aspetto e al contenuto dell’immagine è lecita quando è finalizzata a creare e a rafforzare il messaggio e le emozioni comunicate.
Bisogna invece sicuramente evitare di considerare il fotoritocco come la panacea per i propri errori fotografici. Un fotografo deve prima di tutto saper fotografare. In secondo luogo può considerare tutti gli strumenti che gli sono forniti dall’applicazione di fotoritocco per migliorare e potenziare i propri scatti.
Penso che ogni fotografo digitale debba considerare gli strumenti di fotoritocco come parte del suo corredo artistico, subito dopo la fotocamera. Ogni foto va scattata con il massimo impegno cercando di ottenere il miglior risultato possibile al momento dello scatto. Alcune foto necessiteranno unicamente di qualche piccola correzione, altre fungeranno unicamente da base per elaborazioni sofisticate allo scopo di creare immagini di fantasia.
In nessun caso, a meno che questo non vada contro lo scopo per cui abbiamo scattato la foto, il fotoritocco dovrà essere ritenuto sbagliato.
E tu, cosa ne pensi?
Come fare fotoritocco: quali programmi usare
Concluso il discorso etico sul mondo del fotoritocco, vorrei passare avanti e darti dei consigli su come fare del fotoritocco ai tuoi scatti e, soprattutto, quali programmi usare.
Adobe Lightroom
Impossibile non parlarti dei programmi di Adobe e, in questo caso, di Lightroom.
Uno dei programmi più usati in assoluto dai fotografi per la post produzione dei propri scatti.
Nello specifico sono moltissime le elaborazioni disponibili. È possibile ad esempio:
- correggere il contrasto, agendo anche sulla curva dei toni,
- modificare l’esposizione,
- correggere il bilanciamento del bianco,
- aumentare o diminuire la nitidezza,
- rimuovere il rumore,
- correggere le distorsioni introdotte dall’obiettivo,
- correggere la distorsione prospettica,
- ritagliare o ruotare la foto,
- ecc.
Stiamo parlando di color correction e di tutte quelle modifiche e correzioni che non alterano il contenuto della foto.
Per Lightroom (e Photoshop) esistono svariati articoli e video tutorial per imparare ad usarlo al meglio.
Questo mini corso ne è un esempio:
Puoi anche dare un occhio al nostro Archivio dedicato al fotoritocco con Lightroom.
Per fotoritocchi più “pesanti” i programmi da utilizzare sono altri.
Adobe Photoshop
Quando si parla di fotoritocco è praticamente il primo software che balza in mente. Photoshop è in assoluto il miglior programma di fotoritocco esistente al mondo.
Le funzioni di Photoshop sono ormai sterminate, versione dopo versione continua a crescere e a perfezionarsi.
È proprio grazie a Photoshop che Adobe ti permette di alterare il contenuto di una foto, come ad esempio:
- agire sulle linee dei soggetti (creando quindi dimagrimenti artificiali),
- eliminare soggetti/oggetti dallo sfondo,
- creare finte profondità di campo,
- cambiare sfondo,
- ecc.
GIMP
Alternativa a Photoshop, una delle migliori.
Il suo punto forte? È completamente gratuito ed open source.
Doverosa premessa: Lightroom e Photoshop sono in assoluto i più potenti, versatili, completi e usati nel panorama del fotoritocco. Quindi tutti gli altri programmi che ti suggerirò sono delle vere e proprie alternative ai due “principali” programmi di fotoritocco.
GIMP è l’alternativa più usata.
- Molte funzioni e filtri
- Di facile utilizzo
- Gratuito
Pixelmator
Per gli utenti Mac, c’è una alternativa stra-valida, si chiama Pixelmator.
Da anni la più usata nel mondo Mac, ha recentemente ricevuto un upgrade molto importante facendolo diventare Pixelmator PRO.
Potente, versatile e dal costo accessibile.
Se hai un mac e non vuoi abbonarti a Photoshop/Lightroom, Pixelmator è la scelta consigliata.
Pixlr
Se, infine, non hai particolari esigenze, e magari non vuoi neanche installare un programma sul tuo computer, ti consiglio Pixlr.
Ha una sua app su mobile e un suo editor direttamente su browser desktop.
Non offre chissà quali prestazioni e funzioni, ma per chi non ha particolari esigenze è di gran lunga la scelta migliore.
- Direttamente online, nessuna installazione
- Facile da usare
- Gratis
Snapseed
Parliamo un po’ del mondo mobile.
Sono ormai moltissimi quelli che amano fare fotoritocco in mobilità, che sia su smartphone o su tablet.
Come farlo?
Esistono delle versioni semplificate di Lightroom e Photoshop anche per i dispositivi mobili, anche se non sono neanche lontanamente paragonabili alla controparte desktop, sono comunque molto versatili e utili.
Personalmente uso molto Lightroom mobile per tutti quegli scatti fatti da smartphone che poi vanno a finire sui social.
L’alternativa mobile ai programmi Adobe?
Esistono decine di app, c’è veramente l’imbarazzo della scelta, ma di certo la mia preferita resta Snapseed.
Completa e facile da usare.
La puoi trovare sia su Android che su App Store.
Quindi, qual è il tuo programma/app preferito?