Sono molto affezionato a questa immagine.
Quel giorno sono tornato solo con un menisco in meno: la giornata era partita alla grande e si è conclusa con varie migliaia di euro di danni, di cui alcuni tutti all’interno della mia borsa fotografica, e una bella paura. Con quello che ho visto posso dire che sia stato un discreto bilancio!
L’imbarcazione si chiama Deva, è una goletta aurica del 1930, lunga 45 metri e di proprietà di Diego della Valle. Una delle foto di questa giornata è stata usata recentemente per la campagna di Hogan e Fay.
Il comandante mi chiama per avvisarmi che il giorno dopo ci sarà un bel maestrale con 20 nodi di intensità, giusto per impegnare la barca senza soffrire troppo. Da tempo aspettiamo le condizioni giuste per eseguire un servizio fotografico con la barca ben impegnata. Si salpa la mattina trainando il tender, un gommone di 5 metri. Verso le 12 cominciano ad arrivare strane notizie meteo: con dei vaghi nuvoloni all’orizzonte ma ancora un bel cielo sereno sopra la testa, scendo sul gommone insieme al driver e ad un videoperatore.
Il vento che aspettiamo tarda a montare, così decidiamo di prepararci un panino per pranzo. Nel frattempo notiamo strani movimenti a bordo del Deva, ci avviciniamo mentre le nuvole si fanno minacciose. Sotto bordo ci avvisano che sta per arrivare un rovescio di pioggia decisa, la capitaneria manda un improvviso “all’erta”, proviamo ad indossare la cerata. Comincia a gocciolare in modo deciso, sto giusto tentando di riprendere la barca sullo sfondo dei nuvoloni: immerso nella scena non realizzo quanto il tempo stia girando al brutto. Pochi scatti, la pioggia aumenta improvvisamente, decidiamo di riparare l’attrezzatura e… non finiamo di pensarlo che si scatena il disastro. Un colpo di vento improvviso ci spara in faccia l’acqua come fossero sassi, il mare si trasforma e da quel momento pensiamo solo a metterci in salvo.
Le onde si fanno enormi in un attimo e noi dobbiamo riparare in fretta nel porticciolo più vicino: saranno 20 minuti di paura e salti assurdi sulle onde. Sono bloccato a prua e subisco i colpi in maniera pesante, la situazione è così complicata che non riesco a mollare la cima cui sono aggrappato per portarmi verso poppa: se mollo la presa rischio di volare in mare e il pilota non vuole rallentare! La faccenda mi costerà un ginocchio sfasciato, due obiettivi e un corpo macchina distrutti.
A terra non penso ad altro che a telefonare a casa. E’ stata una vera tromba d’aria e noi eravamo nel centro, vento misurato a 67 nodi. Nella scala dell’intensità marina è classificato uragano, per fortuna è durata poco.
La foto più bella della giornata… non la scorderò mai: quella che non sono riuscito a fare al Deva quasi sdraiato sull’acqua dall’improvviso colpo di vento, il mare verde smeraldo contro il cielo nero e la falchetta ben sott’acqua. La botta improvvisa spezza i picchi delle vele auriche: il Deva, con grande abilità di comandante ed equipaggio, riesce a riparare a ridosso di un’isola senza ulteriori danni.
Nell’immagine presentata siamo un minuto prima del guaio e nessun carico è stato dato ai livelli delle nuvole. La costa all’orizzonte sparisce in un attimo e riesco ad eseguire pochi scatti. Il bianco dello scafo e il colore pastello delle vele sopra il verde del mare mi attraggono ancora come quando scattavo. Il cielo rende tutto molto drammatico.
Considero questa immagine come una foto di paesaggio più che di vela: la composizione è molto semplice, gli elementi sono limitati ma l’atmosfera è incredibile. La barca è placida, come raccogliesse le forze prima della buriana, sembra consapevole di quello che la aspetta. Non c’è difficoltà tecnica nello scatto, solo la prontezza di resistere alla pioggia in arrivo e usare una focale ampia per inserire il soggetto nell’ambiente. La tentazione nel fotografare una barca a vela è sempre quella di andare più vicino possibile per riempire il fotogramma: o fisicamente, avvicinandosi con il gommone, oppure tirando lo zoom alla massima focale.
Quando eseguo lo scatto ho già messo in borsa il secondo corpo con il tele.
Avessi saputo che avrei poi distrutto la Canon con il 24-70 2.8 ( oltre al 70-200!) avrei provato ad annegare tutto sotto il diluvio pur di riprendere le immagini della tempesta. Ero all’inizio della mia carriera di fotografo di vela: oggi mi sarei comportato diversamente, anche grazie ad un adeguamento dell’attrezzatura.
L’esperienza poi mi dice che i corpi macchina moderni sono molto più robusti di quel che si creda, con pochi accorgimenti sono pronti ad affrontare situazioni impensabili. All’epoca usavo coprire ogni zona delicata della Canon 5D (non proprio un corpo tropicalizzato!) con il nastro adesivo 3M che si usa nella nautica: è blu elettrico, costosissimo e non lascia segni di colla sul corpo macchina!
Ho scattato con focale 28, diaframma 7.1 con 1/640 di scatto. Iso…
Quel giorno ho imparato che il mio borsone Lowe non è un baule rigido (sic!) ma è totalmente impermeabile! Capita raramente che serva tutta questa affidabilità ma… quell’unica volta salva tutto il nostro prezioso corredo. E giustifica la spesa, salata ma non quanto una macchina allagata.