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Come nasce una foto #10: alba invernale in riva al mare

Come nasce una foto #10: alba invernale in riva al mare

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Non esistono buone foto per botta di fortuna. Ogni scatto deve essere cercato. Non solo nel momento preciso dell’apertura dell’otturatore ma… nei mesi, anni precedenti: lo studio e l’esercizio ti mettono in grado di ottenere il massimo dalle occasioni che si presentano al tuo obbiettivo. Perchè se è vero che una luce molto particolare o una concatenazione di fatti fortunosi possono presentarti le condizioni ideali per una fotografia fantastica, ci sono talmente tante scelte da fare, anche in uno scatto tecnicamente semplice come quello di questo articolo, che la fortuna diventa un fattore non decisivo.

Per ottenere questa immagine bisogna:

  • amare questo tipo di luce così poco “spettacolare” e quindi….
  • essere all’alba in inverno su una spiaggia raggiungibile solo a piedi,
  • partire nonostante la pioggia fidandosi delle previsioni e della propria esperienza e sperando che la situazione non degeneri,
  • decidere di rivolgere l’obiettivo verso il mare trascurando una delle spiagge più belle del mondo!
  • decidere la composizione (scegliere l’ottica giusta e il punto di ripresa),
  • scegliere l’esposizione adatta (consapevole di quanto il tempo di posa e la chiusura del diaframma con la relativa profondità di campo influenzino l’aspetto finale della foto)
  • post-produrre in modo adeguato il file

Se in questa serie di azioni si presenta la luce che aspettavi e riesci a cogliere la foto che sognavi non si può parlare di colpo di fortuna. Come si suol dire, “solo essere lì” equivale ad essersi guadagnati lo scatto.

Adoro la luce lattiginosa del cielo coperto, questo effetto quasi monocromatico è ovviamente ricercato. Per arrivare al momento giusto ho camminato dalle dieci di sera fin oltre la mezzanotte. Partenza dall’altipiano del Golgo che sovrasta Cala Goloritzè in una delle zone più selvagge della Sardegna; lo zaino, carico dell’attrezzatura pur ridotta al minimo e del necessario per passare la notte all’aperto di inverno, era ben pesante. Ho aspettato l’alba in una grotta sul mare per ripararmi dalla pioggerellina insistente per mettermi poi al lavoro prima che sorgesse la luce.

Ho cercato di restituire il senso di spazio e solitudine di quel luogo in inverno: d’estate è una delle spiagge più ricercate per la sua bellezza. L’acqua ha un colore inimmaginabile dovuto al fondale di ciottoli bianchissimi.

La scelta dell’esposizione era per me molto importante: ho impostato il valore iso più basso possibile (50 iso: di solito questo valore è a rischio per la “pelatura” delle alte luci; qui la luce era così morbida che non correvo pericoli: in rete si trovano molte discussioni sull’argomento con pro e contro vari, la mia scelta era motivata dal volere un tempo… lungo ma non troppo!) e chiuso il diaframma al massimo.

Il tempo di esposizione di 8 secondi permette di “lisciare” la superficie del mare senza esagerare (con queste condizioni di onda!): intorno allo scoglio in particolare, e in genere su tutta l’immagine, l’acqua mantiene dei dettagli abbastanza definiti che restituiscono il senso di presenza fisica. Si poteva montare un filtro nd per aumentare l’effetto ma non volevo che l’acqua diventasse una astratta superficie colorata (il filtro Neutral Density non è altro che un vetro ottico scuro, cromaticamente neutro, che permette di allungare moltissimo il tempo di scatto. Così facendo il mare assume quell’aspetto setoso e liscio tipico delle foto antiche: in quel caso i  lunghi tempi di posa erano richiesti  dalla ridotta sensibilità delle pellicole dell’epoca).

La composizione è costruita in modo abbastanza canonico secondo la famosa regola dei terzi, lo scoglio è in posizione quasi “perfetta”, l’orizzonte è invece un po’ troppo in basso: ho deciso così perchè se avessi seguito pedissequamente la regola avrei troppo ridotto l’importanza del cielo.

Tengo a precisare, soprattutto per chi si è avvicinato da poco alla fotografia, che questi ragionamenti sono tutti “automatici” nella testa del fotografo: vengono resi espliciti solo ora che ne scrivi, al momento dello scatto ti guardi in giro e decidi, semplicemente. E’ questo che intendo quando dico che le foto si preparano… anni prima: con l’esercizio, l’abitudine a previsualizzare, a ragionare per immagini.

Poi, al momento dello scatto, in una frazione di secondo ( o qualcosa di più!) metti insieme gli automatismi acquisiti. Come andare in bicicletta: ti eserciti e ad un certo punto ti accorgi di riuscire a stare in equilibrio. Da quel momento non pensi più alle regole: se su una curva in discesa ti fermi a ragionare di quanti gradi inclinarti per equilibrare forza centripeta e centrifuga… batti contro il muro!

Ho usato un grandangolo non troppo spinto: focale 24mm per dare ampiezza al paesaggio. Lo scoglio serve come riferimento allo sguardo ma non diventa protagonista dell’immagine. Una focale più spinta avrebbe esasperato la prospettiva: cerco sempre di non usare giochi prospettici esagerati come “trucco” per rinforzare un’immagine. Se la fotografia che esegui non ha “qualcosa” dentro, non è adottando tecniche particolari che diventa interessante. Anche una singola immagine di paesaggio può essere definita un racconto: e come  qualsiasi racconto, puoi scriverlo benissimo, ma se la storia non regge…

La visualizzazione generale mi ha spinto a mantenere i livelli abbastanza aperti in post-produzione e a non intervenire quasi per nulla sul cielo. In questi casi viene spesso spontaneo calcare la mano sulle nuvole per ottenere un effetto più drammatico. Abitualmente prediligo invece mantenere la massima luminosità possibile, compatibilmente con una leggera lettura dei dettagli sulle nuvole.

Trovo che spesso i paesaggi “soffrano” della possibilità di intervenire facilmente in post-produzione: la perfezione della tecnica e la facilità di intervento che si ottiene sempre più velocemente con plugin mirati rendono spesso le fotografie troppo simili l’una all’altra. La luce naturale nelle sue infinite modulazioni rischia di scomparire sotto la nostra “idea” di luce, spesso troppo influenzata dalle possibilità tecnologiche.

Il mio motto è non tutto quello che si può fare si deve fare… non sempre, perlomeno!

 

Sapendo che questo non è…. un dogma… aspetto di sentire le vostre impressioni e, se qualcuno avesse voglia, mi piacerebbe vedere una vostra interpretazione dell’ immagine.

 

P.S. …. una buona foto è fatta di molte cose: anche di un paio di amici che ti suggeriscono un posto e ti spiegano come arrivarci…anche se ti sconsigliano di andarci da solo sotto l’acqua…grazie Stefano e Giambattista!

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