Come negli altri generi fotografici, nella food photography la luce può fare o disfare completamente uno scatto.
La luce giusta renderà anche un piatto semplice una vera opera d’arte, la luce sbagliata lo farà sembrare non commestibile.
In questo articolo, proseguo la serie di articoli dedicati alla food photography, descrivendo come trattare la luce in maniera da rendere il piatto o piatti che fotografi nel modo migliore possibile.
Quale scopo?
Per valutare correttamente quale luce desideri per le tue foto al cibo, devi prima sapere qual è il tuo scopo, cosa vuoi trasmettere con i tuoi scatti.
Il primo, imprescindibile scopo della luce nella food photography è quello di evidenziare alcune o tutte le caratteristiche della pietanza protagonista. In molti casi, ciò vuol dire evidenziare la texture, ovvero le caratteristiche della superficie del cibo, del materiale di cui è composto.
Ottenendo questo risultato, sarai in grado di restituire una sensazione quasi tattile a chi osserva la foto: gli sembrerà di poter toccare e assaggiare ciò che hai fotografato. Questa è una sfida fondamentale nella fotografia e nella food photography in particolare, visto che un’immagine è bidimensionale e non può restituire odori e sapori.
In secondo luogo, il tipo di luce scelto potrebbe servire a veicolare un particolare messaggio, uno stato d’animo, una sensazione. Potresti ad esempio voler suggerire freschezza, naturalezza, eleganza, festa. Potresti voler richiamare l’atmosfera di un ristorante di lusso oppure di un fast-food. Ricreare ciascuna di queste situazioni o impressioni richiede precise scelte in fatto di luce.
Le caratteristiche della luce
Nell’articolo Ti presento la luce, migliore amica di ogni fotografo, avevo descritto le caratteristiche da tenere in considerazione per quanto riguarda la luce in fotografia: direzione, dimensione e colore. Per imparare le nozioni generali valide in tutta la fotografia di consiglio di leggere l’articolo.
Per quanto riguarda la food photography, consideriamo soprattutto direzione e dimensione, quindi diffusione.
Una luce poco diffusa, quindi molto contrastata, crea immagini spigolose, che assumono un aspetto frizzante. Una luce diffusa inceve crea invece immagini eleganti, tranquille, anche dolci. La direzione invece influisce soprattutto sulle ombre, rivelando o nascondendo le texture e la tridimensionalità.
La luce “tradizionale” per la food photography
Per fortuna, esiste una tipologia di luce che si ritrova molto nelle foto di cibo e che può fungere da punto di partenza per i tuoi scatti. In molti casi potrebbe essere anche proprio la luce giusta.
Si tratta di una luce proveniente posteriormente rispetto al cibo, quindi di fronte rispetto all’obiettivo, e dall’alto. In genere, si tratta anche di una luce diffusa, che ammorbidisce le ombre. Talvolta, può essere anche lievemente ruotata a sinistra o a destra a seconda della composizione che decidi di adottare e di come sono arrangiati la scena ed il cibo.
Una luce con queste caratteristiche, in genere permette di evidenziare la texture del cibo e la sua tridimensionalità. Inoltre, essa si può ottenere facilmente anche con una singola sorgente di luce, sia essa naturale o artificiale.
Quindi, l’illuminazione più tipica per la food photography è in grado sia di garantirti in tanti casi buoni risultati, sia di facilitarti il lavoro. Decisamente una buona notizia.
Altre soluzioni tipiche per illuminare il cibo in una foto
La soluzione tradizionale che ho appena descritto può avere numerose variazioni, mantenendo la sorgente di luce frontale rispetto l’obiettivo, ma ruotandola leggermente a destra o a sinistra e variandone l’altezza. Ci sono comunque altri approcci che si differenziano radicalmente e si trovano con una certa frequenza.
Per immergere la pietanza in un mare bianco infinito, senza ombre, puoi posizionarla sopra una superficie trasparente o traslucida e illuminarla da sotto. In generale, la luce da dietro o da sotto funziona molto bene con alimenti trasparenti o semitrasparenti (ad esempio liquidi o frutta a fette).
Un altro possibile approccio consiste nell’usare una luce frontale, ovvero una luce che proviene da dietro l’obiettivo. Anche questa luce è in grado di ridurre o eliminare le ombre, a seconda della forma del soggetto.
Combinato con un punto di vista frontale, perfettamente allineato al piatto, oppure perpendicolare dall’alto, questo tipo di illuminazione permette di ridurre la pietanza o le pietanze immortalate ad una serie di forme geometriche.
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Infine, una soluzione sempreverde è una luce diffusa senza direzione, che non produce ombre significative. Si tratta, ad esempio, della luce che puoi avere sul lato in ombra di una casa, oppure durante il giorno, con il cielo coperto.
Modificare la luce
Per avere un controllo quasi completo dell’influenza della luce sullo scatto è spesso indispensabile ricorrere a strumenti che permettono di modificare la luce.
Vista l’importanza di diffondere la luce, in generale avrai bisogno di un tessuto o qualsiasi altro materiale traslucido possa fungere da filtro tra la sorgente di luce e il soggetto. Ovviamente puoi anche procurati strumenti più costosi come una light box o una tenda di luce di cui ho già parlato in altri articoli (qui e qui).
Spesso, inoltre è anche molto utile schiarire le ombre, soprattutto quando si usa la luce posteriore. Infatti, questa tende a creare ombre scure sulla parte anteriore del cibo, quella più in vista.
A questo scopo puoi usare qualsiasi superficie riflettente, quindi di colore chiaro o argentata, per esempio. Superfici grandi saranno di maggiore aiuto, visto che sono in grado di riflettere con maggiore quantità di luce.
Non vado troppo in profondità riguardo a questo argomento che potrebbe richiedere interi articoli dedicati. Nel prossimo articolo sulla food photography, ti parlerò in dettaglio di come impiegare la luce naturale, con cui ho potuto fare pratica personalmente.
In quell’occasione ti descriverò alcuni strumenti per modificare la luce, fornendoti anche alcuni esempi.
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