Come l’ho scattata – Il ritorno del pagliaccio triste

Come l’ho scattata – Il ritorno del pagliaccio triste

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Le esplorazioni urbane sono un genere molto in voga. Alcuni lo praticano per protestare, con i loro reportage, contro un insensato degrado urbano. Altri invece in questi luoghi trovano qualcosa che li affascina, un misto di curiosità, inquietudine e malinconia. Io sono parte di questa seconda categoria.

Entro in questi luoghi con l’entusiasmo della creazione: il mio intento infatti è quello di creare ex novo una foto che comunichi ciò che in quel momento, e in quel particolare luogo, penso e sento. Per far ciò spesso stravolgo le mie immagini con colori assolutamente non fedeli alla realtà, scelgo inquadrature non comuni e, soprattutto, inserisco in questi ambienti qualcosa che nella realtà non esiste.

E’ questo il caso del pagliaccio triste.

L’idea del pagliaccio triste è nata a marzo 2014 dopo che, in un negozietto di Bergamo, trovai una maschera insolita, non un pagliaccio sorridente, nemmeno maligno, ma triste.

La prima volta che il pagliaccio triste mi ha fatto visita è stato in occasione di una sfortunata esplorazione a Greenland, luna park abbandonato (ne ho parlato qui: Immaginare oltre – storia di un pagliaccio triste). Successivamente è apparso in un piccolo set fotografico, poi più nulla.

Il pagliaccio triste non è altro che una presenza che ogni tanto mi fa visita. E’ triste perché i luoghi in cui appare sono tristi, abbandonati a loro stessi, dimenticati da tutto e da tutti.

L’esplorazione

In occasione di una nuova esplorazione urbana mi trovavo alla EX Snia: una enorme fabbrica nei pressi di Varedo (MB). Era parecchio tempo che il pagliaccio triste non tornava a farmi visita, così ho subito pensato che potesse essere la giusta occasione per ritrovarlo nei miei scatti.

Il luogo è davvero immenso e trovare un posto dove potessi realizzare le mie foto “creative” non è stato così facile come inizialmente pensavo: alcuni luoghi erano troppo luminosi, altri troppo poco illuminati, altri ancora non così interessanti.

Ad un certo punto, dopo un paio d’ore di esplorazione, io e i miei compagni di avventure ci siamo imbattuti in uno stanzone i cui pilastri portanti creavano una simmetria bellissima. Ma la cosa ancora più interessante era un enorme muro, in fondo al locale, dipinto di un blu cina profondo, qua e là scrostato… Il luogo perfetto per creare il ritorno del Pagliaccio Triste.

Gli attrezzi del mestiere

Quando visito questi luoghi, specialmente se non li ho mai visitati prima, parto sempre attrezzata di tutto il possibile: maschere varie ed eventuali (tra cui quella del pagliaccio triste) e oggetti per il light painting come torce o strisce luminose.

Per realizzare questo genere di fotografia “creativa” è anche necessario un cavalletto, un pannello riflettente, un flash e un cavo di prolunga flash o, meglio ancora, un trigger.

Snia - Varedo

Oltre all’attrezzatura creativa, è anche necessario partire con un’idea, anche se non precisa. Io sapevo che avrei voluto realizzare questo tipo di foto, ma non sapevo cosa avrei incontrato durante la mia visita, quindi non ho potuto preparare un programma dettagliato degli scatti (cosa che invece ho fatto in altre occasioni).

La mente in questi casi deve essere elastica e pronta alla creazione istantanea raccogliendo spunti dall’ambiente circostante.

La realizzazione

L’immenso muro dipinto di blu mi ha immediatamente trasmesso un’immagine precisa e da questa idea sono partita per la realizzazione dello scatto. Volevo che dalla foto sembrasse che il pagliaccio triste fosse apparso così, all’improvviso, silenzioso, quasi timoroso di disturbare (questa è la sua indole). Come se, ad un certo punto, mi girassi e vedessi questa presenza.

Giunti allo stanzone, ho fatto posizionare il pagliaccio triste non troppo vicino al muro. Data l’ampiezza dello spazio circostante, ho deciso che avrei scattato la foto con il fisheye (Zenitar 16mm f2.8 manual focus). Per far sì che il mio soggetto risaltasse nell’immagine e non si perdesse in uno spazio immenso, ho dovuto scattare da molto vicino, circa 150cm dal soggetto.

La messa a fuoco con questo obiettivo è stata difficoltosa, un po’ perché l’ambiente era abbastanza buio e un po’ perché mettere a fuoco manualmente con focali così corte non è mai preciso. Ho quindi dovuto aprire il live view della mia macchina, ingrandire e poi mettere a fuoco con precisione sulla maschera.

Ho deciso di scattare con dei parametri di sicurezza per evitare possibili errori di fuoco dati dal mio movimento dopo la messa a fuoco tramite live view: ho quindi scattato tra f8 e f11.

A questo punto dovevo decidere se esporre per rendere totalmente visibile lo sfondo oppure lasciarlo solo percepire. Dato che prevedevo di illuminare il mio pagliaccio con il flash, il tempo di scatto sarebbe servito per esporre più o meno lo sfondo.

Per una giusta via di mezzo ho impostato il tempo di scatto a 1/40s. Per questa foto in particolare non avevo montato il cavalletto, non c’era abbastanza tempo, ma lo consiglio vivamente anche perché permette un tempo di scatto anche più lento senza rischio di micromosso.

Infine ho dovuto decidere come gestire il flash: in un primo momento l’ho posizionato frontale al soggetto e quindi sulla slitta della mia macchina fotografica.

Come l'ho scattata - Il ritorno del pagliaccio triste

L’effetto però non mi piaceva affatto: la luce era troppo diretta e frontale, perciò ho pensato fosse meglio posizionare il flash lateralmente. Non essendo in quel momento provvista di trigger, ho montato un cavo di prolunga per il flash (nel mio caso Nikon SC-17) che in questo modo conserva le funzioni TTL come se fosse sulla slitta. Non mi sono perciò dovuta preoccupare della potenza del flash come invece avrei dovuto fare se avessi usato un trigger radio non dotato di TTL.

come l'ho scattata 2

Nonostante ciò, ho notato che il calcolo della potenza del flash effettuato dalla macchina era sbagliato rispetto a quanto volevo ottenere: nella mia mente il pagliaccio triste doveva essere leggermente sottoesposto, non troppo evidente, mentre la luce del flash calcolata dalla macchina lo rendeva troppo illuminato e perciò troppo visibile.

Ho dovuto quindi chiudere di uno stop il diaframma in modo da rendere meno potente la luce del flash. Alternativamente avrei potuto compensare la potenza del flash direttamente in camera.

Ho scattata la foto finale a ISO 2000, 1/40s, f11.

Post produzione

Ecco i passi che ho seguito nella post-produzione della foto:

  • aumento della nitidezza,

  • abbassamento di uno stop dell’esposizione (per mio gusto personale),

  • aumento del contrasto,

  • applicazione di un filtro verdognolo (presente anche in tutta la serie di fotografie scattate in questa occasione).
    L’uso di questo colore innaturale è una scelta estetica personale: in quel momento quel luogo, la sua atmosfera e il suo odore mi trasmettevano la sensazione di questo colore, un po’ rancido e malsano.

La post produzione in questo tipo di fotografia è estremamente personale e strettamente legata al messaggio e all’atmosfera che si vuole trasmettere.

come l'ho scattata-3

Snia - Varedo

Conclusioni

Per realizzare al meglio questo genere di fotografia serve tempo e pazienza nonché progettualità. In questo caso specifico non ho avuto tempo sufficiente per progettare e realizzare come invece avrei voluto, ma ciò non toglie che lo scatto finale sia, per quanto mi riguarda, uno scatto riuscito.

Il mio consiglio è quello di dedicare una mezza giornata all’esplorazione del luogo nel quale intendi poi realizzare un ritratto creativo e appuntarti i dettagli, per tornare successivamente con un’idea precisa di ciò che vuoi realizzare.

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