“Non sono più sicuro, una volta lo ero, che si possa migliorare il mondo con una fotografia. Rimango convinto, però, del fatto che le cattive fotografie lo peggiorano”. È racchiusa in questa sua stessa frase la missione che Ferdinando Scianna sente di dover compiere da 50 anni: raccontare il mondo e sforzarsi di migliorarlo.
D’altra parte definire Scianna un semplice fotografo è particolarmente riduttivo e fare un cenno alla sua vita può senz’altro aiutare ad interpretare e comprendere meglio la caratura del personaggio e dell’uomo.
Nato a Bagheria nel 1943, inizia ad appassionarsi alla fotografia da ragazzo (è il padre a regalargli la prima macchina fotografica), ma intraprende ugualmente la strada universitaria, più che altro per far contenta la sua famiglia, che lo vorrebbe un letterato.
Abbandona, però, gli studi alla Facoltà di Lettere e Filosofia all’età di 22 anni, per dedicarsi completamente alla sua passione. Ovviamente non senza le perplessità del padre: “…e che mestiere è?”. Nella difficile e controversa Sicilia degli anni ’60, un figlio colto e con una posizione rispettabile, può diventare la rivincita sociale di un’intera famiglia.
Gli inizi sono tutt’altro che semplici: “Imparai il mestiere a colpi di stroncature. Il commento più frequente alle prime foto era: ‘Che cos’è ’sta cacata?’”. Ma lui è risoluto sulla strada da percorrere e non si abbatte minimamente.
L’incontro in quegli anni con Leonardo Sciascia segna per sempre la sua vita e la sua formazione, oltre alla sua maniera di esprimersi fotograficamente: “La persona determinante della mia vita. Padre, amico, maestro. Mi ha insegnato a pensare e a distinguere l’autentico dalla paccottiglia, lo stile dallo stilismo”.
Gli studi da letterato prima e l’incontro con Sciascia poi, formano indelebilmente Scianna, spingendolo a raccontare il mondo non solo per immagini, ma anche attraverso le parole. “Scrittura e fotografia non si escludono. Io nasco fotografo e mi sento fotografo, però ho fatto il giornalista per venticinque anni, scrivendo anche. Mi ricordo che Sciascia, mettendomi in guardia, mi disse ‘stai attento che te ne può venire una schizofrenia’. Ma io questa cosa l’ho sempre esorcizzata considerandomi un fotografo che scrive”.
Nasceranno, così, diversi libri a quattro mani con lo stesso Sciascia, mentre lui inizia a lavorare all’Europeo come giornalista e fotoreporter, dopo essersi trasferito a Milano.
Nel 1977 viene mandato a fare il corrispondente da Parigi e qui, l’incontro con Henri Cartier-Bresson, diventa crocevia della sua carriera. “Maestro e punto di riferimento, già da molto tempo prima di incontrarlo. Ho visto i suoi due grandi libri a casa di Sciascia. Poi è diventato uno dei grandi amici nella mia vita. Gli devo moltissimo. È stato con me di una generosità esagerata”.
Sarà lo stesso Cartier-Bresson a presentare Scianna, nel 1982, all’agenzia Magnum, in quegli anni Olimpo della fotografia mondiale. Scianna diventerà il primo fotografo italiano ad entrare nella prestigiosa agenzia.
Analizzando parole e immagini di un maestro come Ferdinando Scianna, possiamo provare a trovare spunti per migliorare la nostra fotografia.
1. Calati nel contesto
“Quando arrivo in un posto in cui non sono mai stato prima e devo fotografare faccio due cose: sicuramente la prima è quella di mangiare un cibo di strada, anche perché ci sono cresciuto con i cibi di strada. Quando ero piccolo mangiare una mafalda con le panelle, un pane arabo con la ricotta, le stigliole, il pane e panelle era una delle maniere di vivere.
In tanti posti, senza sapere neanche che cosa sono quelle bizzarre vivande che vengono fritte o bollite, io le assaggio e assaggiandole mi sembra che mi metto in bocca lo stesso sapore delle persone che devo fotografare e questo me le fa capire meglio.
L’altro mio rito è quello di andare a cercare le vetrine dei fotografi locali perché dalla maniera in cui loro fanno i ritratti delle persone e in cui le persone si riconoscono, capisco le aspirazioni, i sogni, la cultura di un posto”.
Insegnamento
Il successo delle nostre fotografie dipende sempre dalla quantità di emozioni che riusciamo a trasmettere attraverso i nostri scatti. Ma per carpire un’emozione, occorre sentirsi totalmente coinvolti dal contesto che si intende rappresentare.
Scianna usa mangiare i piatti tipici della zona, per esempio. Ma molte volte ti basterà anche solo parlare con la gente e scambiare qualche battuta con loro. E così chiacchierare con i pescatori di un mercato ittico o con i contadini che raccolgono i pomodori, dovrebbe diventare il tuo primo passo per la buona realizzazione di un reportage.
2. Amplia il tuo background culturale
“Se tu hai letto molti libri, hai visto molti quadri, hai fatto attenzione alle strutture formali del mondo, è chiaro che questo diventa una specie di cadenza della tua maniera di guardare il mondo. Voglio dire, quanta più polvere hai nella tua cartuccia tanto meglio spari, e tanto più possibilità hai di attingere alla tua selvaggina.
È chiaro che in qualsiasi pratica di carattere espressivo-narrativo tutto concorre. Quanta più mercanzia metti nel tuo magazzino, tanto più vasto è lo strumentario al quale puoi attingere istintivamente, come spesso si fa facendo il fotografo per restituire ciò che vuoi dire del mondo. Hai, cioè, più sottigliezze e più parole, più ricchezza di vocabolario per esprimerti”.
Insegnamento
Solitamente si cerca di migliorare la propria fotografia… studiando fotografia. Ovviamente non è un approccio sbagliato, ma se davvero vuoi evolvere come fotografo, è il contenuto del tuo messaggio che deve compiere una reale evoluzione.
Come ci insegna Scianna, più il nostro background è ampio, più il nostro linguaggio è forbito, più possibilità espressive avremo, più i nostri scatti ne trarranno vantaggio. Il mondo è pieno di belle foto, quindi la vera differenza la fa il modo in cui si raccontano le cose, ovvero la capacità di saper esprimere il tuo particolare punto di vista.
Quindi vanno benissimo libri di fotografia, mostre fotografiche e workshop, ma non dimenticare di ampliare il tuo bagaglio a 360 gradi, coltivando la tua conoscenza anche in campi come la pittura, la letteratura, la cinematografia, i viaggi, ecc.
3. Racconta!
“C’è chi pensa che scrivere significhi soprattutto mettere bene insieme le parole. Ora, sicuramente scrivere è mettere bene insieme le parole, ma il problema vero è: per dire che cosa?
Quando io, per esempio, incontro chi mi mostra le proprie fotografie, la cosa che più mi inquieta è quando io chiedo ‘tu che fotografia vuoi fare, e perché?’, e mi si risponde ‘io amo la fotografia!’. Io questo non lo capisco, perché per me la fotografia è uno strumento, è uno strumento per dire delle cose.
A me interessa quello che tu mi vuoi raccontare! Non mi interessa il tuo fare fotografie. Se le fai bene, mi interessa perché mi stai raccontando bene quello che tu mi vuoi raccontare, quello che ti fa inferocire, entusiasmare, il tuo stupore per la bellezza del mondo.
Non è che tu devi per forza fotografare le contraddizioni sociali. Puoi fotografare anche soltanto il posteriore della tua innamorata se quello è l’essenziale del tuo rapporto con il mondo. Il posteriore della tua innamorata non è lì per essere fotografato, è lì per essere vissuto; poi, ad un certo punto, tu sospendi le ostilità e fai una fotografia. Questo è la fotografia”.
Insegnamento
Quando realizzi delle foto o un progetto fotografico, racconti qualcosa o sono fotografie fini a se stesse? Molte volte ci concentriamo esclusivamente sulla tecnica fotografica, cerchiamo nitidezze esasperate o esposizioni impensabili, col solo risultato di produrre foto tecnicamente perfette, ma emotivamente insignificanti.
Certamente è possibile fotografare per una mera goduria personale o per sfoggiare la propria costosissima attrezzatura fotografica, ma sii consapevole che la tua massima aspirazione potrà essere solo collezionare like sui social da parte di coloro che hanno una visione della fotografia altrettanto limitata.
La storia insegna che nessun grande fotografo è diventato tale soltanto grazie alla nitidezza delle sue foto, bensì per quello che raccontava e per come lo raccontava.
4. Non avere pregiudizi
Ferdinando Scianna, che ha raccontato guerre e territori difficili con gli occhi del fotoreporter per anni, non ha disdegnato di cimentarsi nella fotografia di moda, per esempio lavorando per Dolce&Gabbana per ben sette anni.
“Tanto per incominciare, io non ho mai creduto a questa storia dei generi. Lo dico in forma di battuta: ma se uno è un fotografo di moda, e mentre se ne va in vacanza c’è un paesaggio che lo emoziona, lui che fa, non scatta la foto se non c’ha la modella di un metro e ottanta con un certo vestito, perché lui è un fotografo di moda?
Oppure se è un paesaggista che lavora con la 9×12 e c’è il suo bambino che si addormenta, non lo fotografa perché questo lo fanno i ritrattisti? Mi pare una stronzata!
Io penso che un fotografo, appunto, è uno che guarda il mondo, che cerca di vederlo e che lo traduce nella lingua che più ha imparato”.
Insegnamento
Non è raro incontrare fotografi che si concentrano su un genere fotografico per anni, fino a farlo diventare la propria peculiarità e senza mai distaccarsene. Addirittura, in certi casi, per loro la fotografia diventa sinonimo solo di paesaggio, o solo di macro, o solo di astrofotografia.
Appassionarsi ad un genere non è sbagliato e neanche specializzarsi. È invece sbagliato rifiutarsi a prescindere di spaziare in altri campi, evitare anche di mettersi alla prova, finendo rinchiusi nella propria nicchia ed avendone quasi paura di uscirne.
La crescita fotografica passa anche attraverso l’apertura mentale. Fotografare generi che non senti particolarmente vicini può regalarti punti di vista innovativi anche su ciò che ami fotografare di più.
5. Dai un valore alle tue foto
“Mettere delle foto su Facebook non ha lo stesso senso che metterle in un album di famiglia, perché questo costituisce l’identità di un gruppo. Ma quando io parlo di album di famiglia parlo di un gesto con un certo significato simbolico. In questo senso la famiglia non è solamente quella della tua cerchia parentale.
Certe fotografie devono essere fatte e devono entrare nel contesto del nostro patrimonio visivo con questa intensità. Non con la connotazione da crema per la notte di carattere cosmetico, come la maggior parte delle immagini che oggi vengono prodotte.
Perché siamo in un mondo in cui l’inflazione, il consumo e la produzione di massa delle immagini tendono a renderle insignificanti. Non c’è gesto che possa diventare emblematico se viene ripetuto all’infinito”.
Insegnamento
Le moderne macchine digitali ci consentono di scattare migliaia di foto, di scartarne centinaia e di salvarne altrettante. Ma quante di queste foto entrano davvero a far parte della tua vita? Verosimilmente pochissime.
I social network fagocitano immagini e noi, per starne al passo, abbiamo l’esigenza di dare continuamente in pasto immagini. La contemplazione di uno scatto, sia da parte nostra che di chi la guarda, dura pochi attimi, probabilmente qualche secondo. Lo spazio di un like. E spesso, per ritrovare una tua stessa foto, ti perdi tra i meandri di decine di cartelle sul computer, talvolta senza nemmeno riuscire trovare quell’immagine che, tempo fa, ti aveva tanto emozionato.
Prendi l’abitudine di selezionare le tue foto migliori e di stamparle. Stampale su una buona carta, scegliendo un formato generoso. Solo così la tue immagini diventeranno realmente memoria e storia, che potrai toccare con mano, rendendole eterne.
6. Cercati una “guida”
“Nella vita sono fondamentali gli incontri che, per buona parte, sono frutto di casualità. Personalmente però mi riconosco di aver avuto l’intuito di capire che, in taluni casi, avevo a che fare con persone straordinarie che potevano essere una miniera per la mia formazione.
E quando ho incontrato queste persone, il mio merito è stato indubbiamente quello di attaccarmici come una cozza sullo scoglio, succhiando tutto quello che mi potevano dare. E’ accaduto con Sciascia e con Cartier-Bresson, per esempio. Con loro ho avuto uno splendido rapporto di amicizia reciproca, ma sicuramente me la sono anche andata a cercare”.
Insegnamento
Capita spesso di trovarci, nel nostro percorso di crescita fotografica, in un vicolo cieco o in una palude stagnante. Sono quelle situazioni in cui, nonostante gli sforzi profusi, ci rendiamo obiettivamente conto di non migliorare la nostra fotografia. A quel punto la frustrazione può prendere il sopravvento e non è raro che succeda addirittura di allontanarci dalla fotografia o, nei casi più gravi, abbandonarla del tutto.
Se davvero vuoi evolvere fotograficamente, il confronto con chi ne sa più di te è fondamentale. Scianna probabilmente non sarebbe diventato quello che è diventato, se non avesse avuto gli stimoli o i consigli di Cartier-Bresson. D’altra parte è importante anche che tu non abbia il timore di eventuali bocciature, che invece sono ciò che più ti fanno crescere.
Per cui cerca di frequentare dei circoli fotografici, individua i fotografi che hanno alle spalle esperienza e conoscenze e cerca di stabilire un rapporto di fiducia con loro. Molte volte si ha l’errata convinzione che un fotografo “importante” non abbia il tempo e la voglia di prestarci attenzione.
Capita più spesso di quanto credi, invece, che chi ama davvero la fotografia sia prodigo di consigli verso chi li chiede. E comunque, se non provi, non potrai mai saperlo…
7. Fai il tuo lavoro
“Ebbi una specie di collasso psicologico: non riuscivo più a fare le foto. Troppo dolore: che senso ha fare le foto in una situazione del genere? Ero bloccato, volevo tornarmene indietro.
Verso le sei e mezza, sempre arzigogolando su “torno o non torno”, “come faccio a fotografare”… mi sono accorto che i miei pensieri stavano prendendo altre direzioni. Solo dopo un bel po’ mi resi conto che cominciavo ad aver fame e a domandarmi che cosa e dove potessi mangiare.
Più la fame aumentava e meno ero preoccupato del fatto che lì intorno stessero morendo cinquanta, cento persone al giorno, mi laceravo sempre meno sul significato di fotografare, mentre invece pensavo sempre di più che, semplicemente, avevo fame.
Lentamente riemersi e cominciai a riflettere sul fatto che questo forse voleva dire che il mio corpo esisteva, esisteva la mia necessità fisica, più impellente e pervasiva di ogni blocco psicologico e morale. Che potevo fuggire dal dolore, ma non dalla fame, non dal mio corpo.
Fai il fotografo? Non è questo che volevi fare? Fallo bene allora. Cerca di mettere nelle tue foto la tua angoscia e la tua pietà. Non pretendere di cambiare il mondo con la tua fragilità. Non fuggire. Tornai a fare il mio mestiere. E’ una lezione che non ho più dimenticato”.
Insegnamento
Ti sei mai ritrovato a fotografare momenti particolarmente emozionanti e chiederti se fosse giusto fotografarli? Se fosse giusto entrare nell’intimità delle persone? È una questione di sensibilità personale, con cui deve scontrarsi maggiormente il fotografo professionista.
Quando sei pagato per “rubare” le emozioni altrui, siano esse positive o negative, non hai grandi margini di scelta. Sebastiao Salgado ha ammesso che, qualche volta, non ha avuto la forza di fotografare le brutture del mondo.
In questi casi non esiste una risposta giusta o sbagliata. Ricorda però che l’essenza stessa della fotografia è la documentazione. Alcune fotografie hanno cambiato la storia del mondo proprio perchè documentavano messaggi molto forti. Grazie alla forza emotiva di tanti fotoreporter, abbiamo potuto conoscere il dramma di guerre e disastri.
Joseph Koudelka fece aprire gli occhi del mondo sulla crudeltà della guerra ceca. Senza gli scatti di Steve McCurry, l’occidente non avrebbe capito la gravità della guerra tra Pakistan e Afghanistan. Lo stesso Salgado, diffondendo le immagini dei grandi disastri ambientali, non avrebbe sensibilizzato il mondo su questo tema.
Gli esempi da fare, fortunatamente, possono essere centinaia. Se ti ritrovi in una situazione in cui non sai se fotografare o meno, poniti questa domanda: “questa foto può essere utile a qualcuno?”. Se la risposta è si, allora scatta.
8. Fotografa il “tuo” mondo
“Si può mentire con le fotografie. Si può persino dire la verità, per quanto ciò sia estremamente difficile. Il luogo comune vuole che la fotografia sia specchio del mondo ed io credo occorra rovesciarlo: il mondo è lo specchio del fotografo”.
Insegnamento
In fondo sembra una cosa abbastanza semplice: vedi una scena, scatti una foto, quindi la foto rispecchia ciò che hai fotografato. In realtà è più complesso di così.
Quando inquadri una scena, già la scelta dell’inquadratura diventa una visione personale del mondo che vuoi rappresentare.
La fotografia rappresenta solo una porzione limitata dello spazio che appare davanti a te. Privilegiare un soggetto piuttosto che un altro, cambia totalmente il messaggio di quella fotografia.
Anche l’inquadratura dall’alto o dal basso trasmette sensazioni diverse nell’osservatore. Allo stesso modo, allontanarsi o avvicinarsi al soggetto cambia la relazione dello stesso con lo spazio che lo circonda.
Tali scelte molte volte sono inconsce. Un fotografo più “evoluto”, invece, conoscendo queste dinamiche saprà usarle a proprio vantaggio per raccontare la “sua” visione del mondo.
In ogni caso, come dice Scianna, cercare di raccontare la “vera verità” è sempre molto più complesso che raccontare una “propria verità”.
9. Rimani in mezzo alla gente
“La mia generazione ha raccontato la fine di un’epoca, la fine del mondo contadino. Una roba durata secoli che è scomparsa in vent’anni. Non lo sapevamo, ma la fotografavamo con l’intuito che quel mondo stesse scomparendo. I fotografi di oggi non so cosa facciano.
La fotografia una volta era umile e mirava a restare con i piedi per terra e in mezzo alla gente. Poi è stata divinizzata. Così i fotografi non vogliono più raccontare la realtà, guardare in faccia il mondo in cui vivono. Vogliono fare gli artisti. Ed è tempo perso”.
Insegnamento
Forse Scianna è un po’ estremo, ma è indubbio che la fotografia abbia avuto una grossa evoluzione, negli ultimi anni.
La fotografia contemporanea ha conosciuto e sviluppato un nuovo linguaggio, più criptico, sicuramente poco adatto a chi non ha conoscenze approfondite nel campo fotografico.
Scianna, cresciuto a pane e reportage, alla scuola di Henri Cartier-Bresson, comprensibilmente digerisce malvolentieri questa svolta, decisamente più artistica.
Io non sono così drastico. Semplicemente si tratta di generi fotografici differenti, come può essere la fotografia di paesaggio, o macro, o stellare.
Il fotografo siciliano, però, pone l’accento su un aspetto: fai attenzione a non ridurre la tua fotografia ad un mero esercizio stilistico, svuotato di significato.
Quando scatti una foto, chiediti sempre se il messaggio che vuoi comunicare è abbastanza comprensibile. Il famoso “fotografo per me stesso”, è valido solo fino ad un certo punto.
Non dimenticare che la fotografia nasce come linguaggio espressivo e comunicativo. Se ti esprimi senza comunicare nulla, probabilmente ciò che fai non è più fotografia.
10. Non essere solo descrittivo
“In certe riviste per turisti c’è la foto della spiaggia bianca con le palme, la didascalia che dice “spiaggia bianca con palma” e l’articolo del giornalista che elogia lo splendore della spiaggia bianca. Da pazzi. La foto non deve essere per forza descrittiva. Deve raccontare. Può essere metaforica. Un colpo d’occhio”.
Insegnamento
Molte volte, quando tenti di enfatizzare un soggetto o un luogo, puoi rischiare di apparire banale. In questo modo le tue fotografie si perdono nell’anonimato.
Scianna fa l’esempio della fotografia pubblicitaria, ma realizzare foto banali è un rischio che può coinvolgere chiunque, anche il fotografo più esperto.
Invece dovresti cercare di prenderti i tuoi rischi. Sperimenta, cerca angolazioni differenti, prova a comunicare il tuo messaggio in maniera alternativa.
Penserai che non è semplice, ed in effetti non lo è. Però puoi provare ad esercitarti. Alla tua prossima uscita fotografica, scegli un soggetto che ritieni interessante. Fotografalo da tutti i punti di vista possibili: dall’alto, dal basso, di lato, per intero o solo una parte.
Quando torni a casa analizza i tuoi scatti. Individua quelli che rappresentano il tuo soggetto in maniera meno diretta, più sottintesa. Magari potresti farti aiutare da qualche amico, confrontandoti sugli scatti.
Molte volte non riusciamo ad essere obiettivi con le nostre stesse foto. Un parere esterno, invece, può evidenziarti aspetti che non avevi considerato.
Approfondimenti
Se vuoi approfondire la conoscenza del grande fotografo siciliano, ti suggerisco di iniziare da questi libri:
- Autoritratto di un fotografo
- Tipo di prodotto: ABIS_BOOK
- Marca: TESTI E PRETESTI
- Scianna, Ferdinando (Autore)